Link esterno dell'immagine
Che cosa sarebbero la vita, l’Universo e tutto quanto senza musica? Come vivrebbero gli esseri umani senza una nota che scalda loro il cuore, senza un ritmo che regola il tempo della loro esistenza? Lascio a voi l’ardua sentenza. Per adesso permettetemi di parlarne e, se possibile, farvela apprezzare ancora di più!
Un ciaone dalla vostra Nietzsche di quartiere.
In un’immagine molto romantica del mondo, possiamo vedere la musica come l’eterna compagna che veglia su di noi, come un’amica che non tradisce mai. Ci segue dai primi attimi della nostra vita fino alla fine dei giorni, nei nostri momenti trionfali così come in quelli più oscuri. Ed esistono così tante canzoni, generi, strumenti e melodie che riusciamo sempre a trovare il pezzo che fa per noi.
Una delle cose che vi avevo raccontato nella scorsa chiacchierata era di come la musica venga influenzata dal contesto culturale nella quale viene composta. Vi ricordate?
Link esterno dell'immagine
In questa puntata vi parlerò del capostipite della musica popolare del ‘900, il papà del rock e del pop che ci fanno tanto impazzire ai giorni nostri: il jazz.
Link esterno dell'immagine
Quando pensate al jazz forse vi immaginerete fumosi pianobar, dove si nasconde gente con occhi stanchi e bicchieri di scotch semivuoti. O forse vi verranno in mente sofisticate serate di uomini colti e un po’ radical-chic. Eppure il jazz proviene da un contesto culturale totalmente diverso da quello che potreste aspettarvi.
Siete pronte per un viaggio nella parte più dark dell’America?
“Quando non sai cos’è, allora è jazz.”
Alessandro Baricco
Un po’ di storia…
Le origini
Da sempre la cultura occidentale ha cercato di ostentare la propria superiorità nei confronti delle altre tradizioni. Erano gli europei a “dover civilizzare” il resto del mondo, a sentire la necessità di imporre le proprie usanze, anche con la forza, a popolazioni di altri continenti. Così, dopo aver sterminato gli indios nativi, tra il XVII e il XIX secolo i nuovi abitanti delle Americhe ebbero la necessità di trovare qualcuno che potesse fare per loro i lavori più ingrati e pesanti, come lavorare nei campi o costruire grandi opere (ferrovie, ponti…). La soluzione più facile per gli abitanti di quelli che poi vennero chiamati Stati Uniti fu di andare a cercare manodopera da sfruttare nel continente africano. Furono organizzate delle vere proprie cacce e deportazioni: gli schiavi africani attraversavano l’Oceano Atlantico in condizioni di miseria terrificanti, trattati come animali e lasciati spesso morire di fame (chi avrà visto Amistad di Steven Spielberg forse avrà una vaga idea). Una volta arrivati in America, gli schiavi venivano comprati dai vari proprietari terrieri e spediti a lavorare la terra, affinché potessero “imparare un mestiere” e rendersi quindi più civili. Per farsi coraggio a vicenda e cercare di vedere il mondo un po’ meno cupo, alcune comunità di schiavi cominciarono ad organizzare cori di musica spontanea mentre lavoravano. Alcune di queste canzoni (dette work songs) avevano dei testi di natura religiosa, altre erano semplicemente di velata protesta o per tirare su il morale. Da quelle di matrice cristiana derivarono i gospel, tuttora utilizzati come canti di chiesa in diverse parrocchie americane. L’evoluzione di questi brani avvenne anche musicalmente: le strutture delle canzoni si fecero più complesse, vennero aggiunte delle particolari note dette blue notes, chiamate così perché avevano una tonalità particolarmente malinconica (in inglese blu indica anche uno stato d’animo triste), e fu così che nacque il blues. I canti venivano spesso accompagnati da alcuni strumenti costruiti artigianalmente, come l’armonica a bocca, la washboard -uno strumento a percussione fatto semplicemente con un’asse per lavare i panni- o il cajón, nato come cassa di stoccaggio per la frutta.
Link esterno dell'immagine
Lentamente le cose cambiarono: la guerra di secessione americana abbatté, almeno sulla carta, la piaga della schiavitù nera, anche se moltissime persone rimasero a lavorare nelle piantagioni perché non riuscirono a trovare altri impieghi. Tuttavia a partire dai primi anni del ‘900 il processo di industrializzazione costrinse un milione e ottocentomila neri a lasciare le loro vecchie mansioni per cercare fortuna nelle grandi città. Non potendo vivere a stretto contatto con i bianchi, la popolazione afroamericana si organizzò in ghetti, cominciando a mischiare il patrimonio musicale acquisito negli anni precedenti per dare origine a lui, il jazz.
Ma perché si chiama jazz?
L’origine di questo strano termine non è del tutto chiara. Sembra che le prime testimonianze di questa parola si trovino nel dialetto della Louisiana del ‘700: jass, derivante da jaser, termine francese che significa gracchiare, far rumore.
Un’evoluzione storica
► New Orleans
Il jazz vero e proprio cominciò a svilupparsi attorno al 1920, nella città di New Orleans, nello stato della Louisiana. Questo grande porto era diventato luogo di scambi non solo commerciali, ma anche culturali. Vi erano infatti sia afroamericani sia gente di origine inglese, francese e spagnola. La tradizione musicale di questa moltitudine di persone era piuttosto varia e diversificata: mentre gli schiavi liberati basavano la loro musica essenzialmente sull’improvvisazione da autodidatti, i creoli, ovvero i meticci, avevano ricevuto un’educazione musicale di stampo europeo. I due gruppi etnici cominciarono quindi a collaborare, formando piccoli complessi costituiti da alcuni strumenti a fiato (clarinetti e tromboni), accompagnati da contrabbasso, banjo e batteria. Questo nuovo stile New Orleans prevedeva di arricchire una melodia di base intrecciando melodie improvvisate dai fiati, ispirandosi sia al blues che al ragtime (un tipo di composizione per pianoforte sviluppatasi in quegli anni).
Spoiler (clicca per vedere)
Esempio di stile New Orleans
►
Chicago, New York e lo swingCome già detto, in questo periodo gran parte della popolazione nera del Sud si stava spostando in cerca di lavoro, concentrandosi nei più importanti centri industriali statunitensi. Una città che accolse molti lavoratori fu Chicago, la quale divenne il fulcro dell’attività musicale afroamericana degli anni Venti. Con la crescente diffusione del jazz i musicisti affinarono sempre di più la capacità di improvvisare nuove melodie a partire da una traccia di riferimento. Colui che si distinse maggiormente fu un giovane trombettista di New Orleans, di nome Louis Armstrong. Il suono del suo strumento ed il suo modo di improvvisare erano immediatamente riconoscibili e conferivano un vigore ritmico assolutamente innovativo, tanto da creare una nuova corrente del jazz: lo swing. Il percorso di Armstrong segnò una svolta: nacque l’esibizione del solista sostenuto dall’accompagnamento del resto della band.
Lo swing fece il giro della East Coast e divenne una sorta di simbolo di rivolta negli anni del Proibizionismo, una trasgressione segreta in quei tempi rigidi. A New York vennero creati dei locali per sola gente bianca dove si esibivano delle orchestre jazz che volevano ispirarsi ad uno stile richiamante l’Africa, terra ricca di misteri. In questo panorama spiccò Duke Ellington, riuscendo a proporre un sound cupo e impenetrabile. Questo crescente interesse per “la musica nera” da parte del pubblico bianco consentì anche a dei musicisti non di colore di entrare in complessi jazz, come fece il clarinettista Benny Goodman.
Spoiler (clicca per vedere)
Una compilation di musica swing:
Louis Armstrong – What a wonderful world:
Duke Ellington – The best of:
Danny Goodman – The best of:
►
La ribellione del bebopUscendo dalla crisi del ’29, la gente di New York sentì la necessità di rinnovarsi come prova della nuova nascente economia. Fu così che alcuni giovani musicisti elaborarono un innovativo ed intricatissimo modo di improvvisare, un tipo di jazz spigoloso, frenetico, non ballabile, ma da ascoltare e capire. Le stesse strutture dei pezzi cambiarono: dopo aver suonato il tema principale, ciascun componente della band improvvisava una parte di melodia, ed infine si tornava a suonare il tema conclusivo. Proprio per la sua estrema complessità poco commercializzabile (quasi d’elite), questo nuovo tipo di jazz, chiamato bebop, divenne l’espressione dell’insofferenza per la discriminazione razziale subita dai neri, tanto che i maggiori esponenti di questo genere furono soltanto di colore: Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Thelonious Monk e Charles Mingus.
Spoiler (clicca per vedere)
Charlie Parker – The best of:
Dizzy Gillespie – Bebop:
Dizzy Gillespie e Thelonious Monk:
Charles Mingus – Moanin’:
Charles Mingus – Haitian Fight Song:
►
Nuove personalità: il cool jazz, fusion e funkIl bebop fu tanto rivoluzionario da far emergere nuove idee, nuovi modi di suonare innovativi e sempre più complessi, ma anche nuove personalità. Importantissimi, ad esempio, furono Miles Davis -che rielaborò il bebop con alcuni musicisti bianchi fondando il cool jazz- e John Coltrane, suo amico e grandissimo improvvisatore. La collaborazione dei due artisti portò alla composizione di uno degli album più importanti della storia: Kind of Blue (1959).
Spoiler (clicca per vedere)
Kind of Blue:
Miles Davis – The best of:
John Coltrane – My Favorite Things:
Il panorama jazzistico degli ultimi anni è diventato molto frastagliato e ha subito influenze dai vari generi emergenti, come rock e musica elettronica, mutando in qualcosa di completamente diverso da ciò che era inizialmente. Le nuove sperimentazioni sono, ad esempio, la fusion e il funk.
Spoiler (clicca per vedere)
Herbie Hancock - Jazz Fusion:
Yuji Ohno - Lupin III (giusto perché a noi ci piacciono gli anime):
Jazz Funk – Incognito:
►
Sembra jazz ma non è…Avete seguito il filo conduttore della storia di questo straordinario genere musicale? Se ce l’avete fatta e non vi ho annoiato troppo, forse vi chiederete: “Ma che fine hanno fatto Ray Charles, Aretha Franklin e Stevie Wonder?” Beh, forse sarete sorprese, ma dovete sapere che loro non hanno fatto del vero e proprio jazz! La loro corrente musicale viene chiamata soul, cioè il Rythm and Blues degli anni ’60. Questo particolare genere musicale viene dal caro vecchio blues di cui vi avevo parlato all’inizio, unito al boogie woogie, uno stile musicale per pianoforte molto veloce ed allegro, legato anch’esso al blues. Insomma, potremmo dire che l’R&B è il cugino del jazz più pop!
Spoiler (clicca per vedere)
The very best of soul:
Esempio di boogie woogie:
Ray Charles – Hit the road Jack:
Riassumendo… Cerchiamo di riepilogare i principali strumenti utilizzati da questo genere e qualche caratteristica del jazz:
-
Improvvisazione. Se la musica classica si basa sulla notazione musicale, quindi sulla musica su spartito, nel jazz la musica scritta è solo il punto di partenza che permette all’artista di sviluppare le proprie idee musicali durante l’esecuzione, tanto che talvolta lo spartito nemmeno c’è. I musicisti quindi improvvisano, ovvero compongono al momento! Improvvisare non significa “andare a casaccio” o suonare qualsiasi cosa venga in mente, anzi richiede grande competenza e abilità: generalmente l’improvvisazione deve sviluppare un’idea iniziale più o meno comune con le proposte musicali degli altri musicisti e deve essere nel complesso coerente;
-
Intonazione e ritmo. Una spiegazione per il fatto che ci siano così pochi spartiti di musica jazz è che le note non sono facilmente trascrivibili mediante la notazione tradizionale su pentagramma. L’intonazione afroamericana infatti segue delle melodie che dal punto di vista della musica classica europea risulterebbero delle vere e proprie stonature. Un esempio sono le blue notes di cui avevo parlato prima. Lo stesso vale per il timbro (cioè quella sensazione uditiva che permette di identificare uno strumento preciso: se suono un do con un pianoforte e un violino, essi avranno due timbri diversi!) degli strumenti, che ogni musicista jazz cerca di rendere il più possibile personale, a volte alterandone il suono tradizionale.
Un’altra singolarità del jazz è che ha ereditato dalla cultura musicale africana una particolare sensibilità ritmica. Anche quando non viene eseguito per il ballo, il ritmo del jazz suggerisce sempre l’idea del movimento e viene “ascoltato” anche con il corpo. Questo aspetto è stato ereditato dal rock’n’roll, essendo istintivamente ballabile.
Link esterno dell'immagineE sulle note della splendida sigla di un anime che si ispira a tutto ciò di cui abbiamo discusso, vi saluto!
See you soon…•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••
Link esterno dell'immagine
Intervista alla vincitrice del concorso Musica - il Jazz
•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••♦
A cosa ti sei ispirata per la tenuta postata al concorso?Agli Aristogatti! E' un film della Disney che amavo molto da bambina, l'avrò guardato un milione di volte. Il look è metà jazzista "classico" e metà gatto, una girl travestita.
♦
Che rapporto hai con questo genere di musica specifico?Il jazz mi piace, anche se non sono un'appassionata. Mi capita di sentirlo in altri contesti, ma difficile che faccia delle ricerche, non ne so molto in realtà. Comunque mi mette sempre molta energia, soprattutto il ragtime ed è un feeling molto positivo.
♦
Qual è/quali sono i tuoi generi musicali preferiti? E i tuoi cantanti/band preferite?Mi piace un po' tutto, ascolto qualsiasi cosa, dalla classica al country, dalla disco al pop elettronico. Diciamo che, tolta la musica specificatamente "da discoteca", tutto il resto me gusta. Ho un amore particolare per il rock anni '70, in particolare Led Zeppelin e Doors. Adoro anche Elvis, mi trasmette serenità.
♦
Suoni qualche strumento o canti? Ti piacerebbe farlo?Non suono e ho una voce terribile, mi manca il senso del ritmo. Mi sarebbe piaciuto imparare a suonare il pianoforte, ma non ero portata e ho il terrore del palcoscenico.
♦
La canzone che ascolti più spesso in questo periodo?Per radio sento spesso i Muse, in questo periodo. Sul lettore mp3... sembrerà strano ma sono in fissa con Johnny Cash!
♦
Un saluto alle lettrici del Magazine!Un ciaone a tutte le fashion girls che stanno tornando dalle ferie! Rock on, girls!!!
•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••
Ci vediamo il prossimo mese con un nuovo genere ed una nuova girl!