Camera di Irina, la sera prima
Irina non era mai stata molto coraggiosa, ma era una persona fondamentalmente altruista. Quando aveva sentito i muri della scuola vibrare e quel rumore incredibile penetrarle in testa e farla sprofondare nel panico, aveva pensato prima di tutto ai suoi studenti. Eppure, non riusciva a muovere nemmeno un muscolo, se non le palpebre, dalle quali scendevano lacrime silenziose. Poi però aveva deciso di non arrendersi. Che cosa avrebbe fatto quella persona? Doveva dimostrarsi risoluta e pronta a reagire, altrimenti che figura avrebbe fatto? Se fosse andata avanti così, non avrebbe mai avuto speranze di farsi notare. Aveva cercato in tutti i modi di concentrarsi per trovare un qualche incantesimo che la liberasse e, alla fine, era riuscita a trovare degli incantesimi di calma che l'avevano aiutata a fare qualche passo e a muoversi lentamente verso le aule. Alla fine, il rumore era passato e lei aveva ricominciato a respirare normalmente, liberando finalmente la sua angoscia in un pianto vero e proprio. Poi, dopo il peggiore possibile degli scenari, cioè quello in cui si era mostrata in quelle condizioni proprio da chi non doveva vederla conciata così - ma come diceva sempre la sua mamma, la sfiga ci vede benissimo, anche con i migliori presagi - era riuscita a scendere, ad aiutare e a rendersi utile, una cosa che le riempiva il cuore di gioia e tranquillità. Era stato un brutto colpo quando aveva sentito il nome di Adriel Morgan: era uno studente dolce e remissivo, per certi versi un po' le somigliava. "Chissà che cosa gli faranno quei bruti" aveva pensato, mentre consegnava le vivande alle varie classi. Poi, però, per sbaglio era caduta. Le capitava abbastanza spesso: non aveva avuto la fortuna di nascere di un'altezza quantomeno decente come le sue sorelle, perciò andava sempre in giro con i tacchi, ma nonostante la pratica la sua goffaggine non era affatto migliorata. Così si era beccata i sonori insulti del vicepreside. Ancora una volta, si era dimostrata una sciocca, incapace di completare il più semplice dei compiti. Era scappata in camera, dove aveva prosciugato le ultime lacrime, ed era rimasta con il naso gocciolante a guardare lo splendore della luna e delle stelle, facendo dei lunghi respiri ad occhi chiusi per calmarsi. Quando aveva riaperto gli occhi, aveva però intravisto qualcosa muoversi sul suo balcone.
Si era avvicinata e aveva aperto la porta-finestra. Davanti a lei c'era un giovane veramente bellissimo. I suoi lineamenti bagnati dalla luce lunare apparivano levigati come pietra lavorata, i suoi capelli gli incorniciavano perfettamente il viso, i suoi occhi quasi rilucevano, dandogli un'espressione curiosa e attenta. Non era sicura di che età avesse: poteva essere uno studente degli ultimi anni, oppure avere la sua età. Anche lei, in fondo, sembrava molto giovane. Non le sembrava, comunque, di averlo mai visto.
Il giovane sorrise con simpatia e aspettò che Irina si soffiasse il naso che le stava ancora gocciolando, dopodiché disse:
- Tutto bene? -
Lei annuì, sentendosi arrossire. Finora nessuno gliel'aveva chiesto ed era proprio assurdo che il primo a farlo fosse un giovane che non aveva mai visto, appollaiato sul suo balcone.
- Adesso va meglio, grazie... Ma sei uno studente? Dovresti scendere, gli altri sono tutti giù - ripensò al trattamento che aveva appena ricevuto e tirò su col naso.
Il giovane scosse la testa e rise.
- No, no, affatto, non sono di questa scuola. Una volta la frequentavo, però. Tu sei una professoressa, giusto? -
Lei quasi si indispettì per il commento.
- Certo che sì! Ti sembro forse una studentessa? - chiese, a metà tra il piccato e lo scherzoso.
Un'altra risata del giovane la fece sorridere involontariamente a sua volta. Era veramente bello.
- Oh no, si vede che hai un'aria responsabile, però sembri giovane. Si vede che sei brava, altrimenti non ti avrebbero assunta - Irina arrossì come un peperone. Nessuno le aveva mai fatto i complimenti in modo così genuino. Il giovane la fissò e disse:
- Allora forse posso chiedere a te... O preferisci che ti dia del lei? - forse era ironico, ma Irina si schermì subito, replicando:
- Ma ti pare, dammi del tu. Tra l'altro io mi chiamo Irina -
Il giovane sorrise felice e poi riprese a parlare, con aria più seria.
- Ok Irina. Io sono Lelouch. Ero in giro da queste parti, poco fuori dalla scuola, finché non ho sentito un frastuono incredibile e ho visto delle bestie gigantesche entrare. Volevo nascondermi, così sono salito fin qui. Posso entrare? Volevo andarmene, ma mi sentirei più sicuro all'interno della scuola, almeno per la notte -
Irina si strinse nelle spalle, incerta. Capiva i sentimenti del giovane e lei l'avrebbe fatto subito, ma non poteva decidere da sola.
- Dovrei chiedere al vicepreside prima... - mormorò, pensando alla faccia del vecchio caprone se avesse chiesto il permesso per far rifugiare un giovane sconosciuto.
- È sempre Severi? Auguri, faccio meglio ad andarmene - disse il giovane, pronto a scavalcare le inferriate.
Irina si riscosse subito vedendolo allontanarsi.
- No! Voglio dire... Entra pure. E poi scusa, siamo al secondo piano, come pensi di scendere? -
Lelouch fece un ghigno innocente.
- Beh, i maghi trovano sempre un modo, no? E comunque sono agile. Ma grazie per avermi fatto entrare - le disse, accarezzandole una spalla. Irina si sentì di nuovo tingere di rosso le guance e sperò proprio che lui non la vedesse, mentre lo faceva entrare.
Si vergognò subito dello stato in cui era la sua stanza.
- Non fare caso al disordine, sono terribile - si scusò, ma il giovane le rispose prontamente: - Quale disordine? - Lei fece una risatina nervosa, chiedendogli se voleva un tè. Il giovane accettò e lei preparò il bollitore con l'acqua, scaldandola pian piano con A qualcuno piace caldo. Nel frattempo, Lelouch si era seduto sul suo letto, accavallando le lunghe gambe con grazia. Quando lei gli porse la tazza, lui la prese con particolare attenzione.
- Mi scotto molto facilmente - spiegò con semplicità.
Sorseggiarono il tè in silenzio. Irina si accorse che il giovane continuava a fissarla. Si sentì intimorita e, allo stesso tempo, lusingata. Aveva avuto solo una relazione, ma si rendeva conto di quando qualcuno la guardava in un certo modo. Forse Lelouch aveva capito, perché distolse lo sguardo e assunse un'aria imbarazzata.
- Scusami, non intendevo metterti a disagio - disse, passandosi una mano tra i capelli. - È che obiettivamente sei carina. Dico a farmi entrare e tutto il resto - si affrettò a completare.
Irina rise. Sembrava quasi più goffo di lei.
- Non ti preoccupare - gli rispose con aria divertita. - Anche tu sei molto carino. Ad avere chiesto il permesso, intendo - Stavano flirtando? Troppe emozioni in un giorno solo, ma a questo punto non le interessava più.
Il giovane le fece spazio sul letto e lei si sedette. Si sentiva impacciata, ma abbastanza serena, salvo il cuore che le batteva forte. Il giovane era veramente ammaliante nei suoi modi, ma era incredibile come non imponesse in alcun modo la sua presenza. Anche se era uno sconosciuto, lei non si sentiva affatto in pericolo.
- In realtà sei molto bella in generale. E un po' ingenua - sentì dire al suo fianco. Guardò Lelouch come ipnotizzata: aveva degli occhi bellissimi, con dei riflessi quasi rosso/rosati. Non sapeva che cosa rispondergli. Lui la fissò molto a lungo e lei lo sentiva avvicinarsi pian piano.
Sapeva che cosa stava per succedere, ed era effettivamente molto strano: stava accadendo tutto troppo in fretta, eppure non riusciva a pensare che ci fosse nulla di sbagliato.
Lui era ormai a pochi centimetri dal suo viso.
- Posso chiederti una cosa? - le sussurrò, circondandola con le braccia.
Lei annuì impercettibilmente.
- Mi aiuteresti a conquistare la scuola? -
Irina aggrottò le sopracciglia. Non era certo quello che si aspettava. Ma prima che potesse rispondergli, Lelouch la morse.
Un dolore lancinante si propagò lungo il collo e la testa, ma durò solo qualche attimo, prima che sopraggiungesse una sorta di piacevole sonnolenza. Annebbiata, Irina cercò di capire che cosa stesse succedendo. Sentiva il peso del giovane sul suo corpo e una forte pressione al lato destro del collo, dal quale sentiva defluire il sangue.
Che sciocca che era stata. E ingenua, come aveva detto Lelouch. Non si era conto di avere di fianco un vampiro, e adesso lui le avrebbe succhiato via la vita.
"Ben ti sta, sei la solita" pensò e le venne da ridere, ma tutto ciò che uscì dalle sue labbra fu un gorgoglio strozzato.
Non sarebbe mai diventata una brava veggente, né avrebbe mai potuto dire a quella persona che cosa provava. Sarebbe morta così, senza una grande dignità, facendo entrare un vampiro a scuola. Si rese conto del terribile guaio in cui si era cacciata. Sarebbe stata perlomeno pianta dalla sua famiglia, o il disonore sarebbe stato troppo grande?
Eppure, non sentiva le forze abbandonarla, anzi. Era anzi come se si sentisse più potente. E allo stesso tempo, i suoi pensieri cambiavano: chi se ne importava di quella stupida scuola e della sua famiglia? Forse sarebbe sopravvissuta e allora sì che avrebbe vissuto come voleva lei. Certamente basta con le profezie spedite alla RAI per Paolo Fox, la pagavano pure una miseria.
Dopo un tempo che non riuscì a definire, Lelouch si staccò dal suo collo, asciugandosi la bocca con un fazzoletto tratto di tasca. Le sorrise sardonico.
- Bella quasi quanto buona, Irina -
Lei lo guardò di sottecchi, aspettando. Si rendeva conto di che cos'era successo: lui l'aveva trasformata in vampira. Non era sicura di come si sentisse. Da una parte era arrabbiata, dall'altra quasi non le interessava, tuttavia sapeva, per qualche misteriosa ragione, che non sarebbe riuscita a a ribellarsi al controllo di lui. Il morso aveva creato un legame tra di loro, un legame a cui lei non sarebbe riuscita a sottrarsi facilmente.
- E quindi? - sbottò lei, dato che Lelouch non accennava a parlare.
- Irina, ti prego - disse lui con calma serafica. Il suo atteggiamento era cambiato da prima: sembrava quasi beffardo. - Prima di tutto le cose importanti: come ti senti? -
Irina lo fissò sarcastica.
- Bene, tranne che sono morta -
Lelouch rise di gusto.
- Beh, più o meno. Se fossi davvero morta adesso non staremmo parlando. Ad ogni modo, vedo dal tuo atteggiamento che ti sei ripresa in fretta. Adesso ascoltami. Prima ero serio: mi aiuteresti a conquistare la scuola? -
- Perché dovrei? - chiese lei, sorridendo amabilmente.
Lelouch assunse un'espressione irata. - Perché non puoi farne a meno, ovviamente - disse e Irina sapeva che era vero. Era come se si sentisse soggiogata da quel giovane (che poi giovane probabilmente non era). Lelouch cominciò a spiegarle che cosa avrebbe dovuto fare, cioè trovare un modo per mordere studenti, insegnanti e, soprattutto, la preside. Lei lo ascoltò, annoiata ma con attenzione: se avesse fallito, probabilmente lui l'avrebbe uccisa. Alla fine, Lelouch le sorrise in modo seducente e lei non poté fare a meno di ricambiare. Nonostante tutto, continuava ad essere molto bello e lei ne era comunque ammaliata. Prima di salutarla, il vampiro si avvicinò, stringendola a sé e dandole un lungo bacio. Lei se lo godette, perché lo desiderava, ma sapeva che non l'avrebbe mai perdonato per ciò che aveva fatto.
Avrebbe comunque fatto ciò che doveva.
"Perché non posso farne a meno".
Il caro Lelouch
No, ormai si chiama Lelouch, non Luc.

Ultima modifica di Nietzsche (Il 15-11-2021 a 17h47)