Elio Colleoni
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Beh, non ci sono molte persone che conosco che possono svegliarti di botto parlando in camuno stretto*. Anzi, in realtà ne conosco una sola.
Che è morta da almeno qualche anno, ma poco importa se il Velo si è alzato.
- Zio Gianni - Non è un'esclamazione, ma semplicemente la constatazione di un dato di fatto. Il prozio è lì davanti a me, sebbene un po' meno consistente e un po' più trasparente di come me lo ricordavo (cosa non facile, dato che era un uomo enorme).
Spengo la musica. In realtà non so bene che cosa dire. Quando ero piccolo, lo zio Gianni era un mito per me, con le sue battute e le sue avventure che non si capiva mai se fossero vere oppure no. Certo, in famiglia si sapeva che era un lupo mannaro e proprio per questo era stato bandito da qualsiasi pranzo di Natale o Pasqua a casa di mia nonna - sua sorella - che al solo pensare a quello screanzato di suo fratello si metteva le mani nei capelli. Forse era proprio per questo che alla fine era stata mia madre (un'altra scappata di casa) a riprendere i contatti con lui. Per anni eravamo andati a trovarlo nella sua bella casetta in mezzo ai boschi della val Camonica. Mia mamma mi aveva spiegato di non giudicarlo male.
- Non è colpa dello zio se è stato morso - mi diceva sempre. - E comunque alla fine lui non ha mai fatto del male a nessuno -
- L'è mia 'er, a chel sbarlafus del Saltafoss quasi lo cope** - replicava allora piccato lo zio Gianni.
- Sì, certo, a parte l'Arnaldo ovviamente -
D'altra parte il mio prozio era l'eccezione che confermava la regola. Le persone affette da licantropia vivono una vita profondamente infelice: salvo qualche raro caso, non scelgono di diventare lupi mannari, vengono morsi e basta. Spesso non si rendono nemmeno conto di essere diventati così, perché vengono aggrediti di notte e non c'è modo di distinguere un morso di lupo da quello di un mannaro. Gli studi di ematologia dei Normali stanno facendo grossi passi avanti per capire le differenze a livello sanguigno, ma sono ancora alle fasi iniziali (anche perché il mondo magico è sempre stato molto chiuso nel "farsi studiare"). Per millenni, l'unico modo per sapere se una persona era stata morsa era aspettare la luna piena. Molti uomini e donne avevano massacrato inconsapevolmente le proprie famiglie la prima notte di plenilunio dopo essere stati maledetti: dopo essere tornati umani e aver visto lo scempio che avevano compiuto, tanti si costituivano, alcuni scappavano, ma la maggior parte decideva di porre fine alla propria esistenza. In ogni caso, nessun licantropo riesce a vivere come una persona “normale” nella società: o si viene incarcerati a vita perché troppo pericolosi, oppure si sceglie un'esistenza eremitica, lontano dagli altri esseri umani o creature magiche, sperando di non ammazzare per sbaglio mai nessuno. Questa era stata la strada prescelta dal prozio.
Peraltro, lo zio Gianni era stato a suo modo fortunato nella sua prima trasformazione. Era una delle sue storie preferite da raccontare e, per certi versi, era veramente incredibile.
Aveva poco più di dieci anni quando era stato morso. Erano gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale e lui era andato nel bosco con la scusa di cercare funghi, ma in realtà stava portando del cibo ai miei bisnonni, che erano partigiani. La Resistenza aveva però spostato gli accampamenti sulle montagne in fretta e furia perché erano stati scoperti dai nazisti, ma non aveva fatto a tempo a mandare nessun messaggio, quindi lui si era perso. Così, aveva passato la notte nei boschi camuni. La luna piena splendeva sull'Adamello e lui era rimasto come ipnotizzato dalla sua bellezza, tanto da non accorgersi di un'ombra scura proprio dietro di lui. L'ombra era un lupo, ma mica come i classici lupi, nossignore! Era molto più grosso e aveva le zampe anteriori strane, con degli artigli che sembravano dita. Aveva strattonato lo zio Gianni per un braccio con le sue grosse zanne, cercando di trascinarlo via per mangiarselo, ma alla fine miracolosamente il prozio era riuscito a liberarsi. Arrivati a questo punto, lo zio raccontava ogni volta una storia diversa della sua fuga: aveva preso un bastone e l'aveva picchiato in testa alla bestia, aveva usato un incantesimo, in quel momento erano passati degli aerei della Luftwaffe e il licantropo si era spaventato... Quando voleva buttarla sul ridere, diceva di aver sganciato una sonora scoreggia che aveva otturato il naso del lupo e lui ne aveva approfittato a scappare. Fatto sta che però, dopo qualche ora, proprio a causa della luna piena, si era trasformato anche lui. La mattina dopo si era svegliato con i vestiti completamente stracciati, ma fortunatamente senza tracce di sangue addosso (a parte quello della sua ferita al braccio), il che gli aveva fatto capire che non aveva fatto del male a nessuno. Aveva compreso solo dopo qualche giorno cosa gli fosse successo e, dopo aver ritrovato i suoi genitori, non ne aveva fatto parola con nessuno, perché sapeva che avrebbe significato abbandonare per sempre la sua famiglia. Ogni notte di luna piena lui si rifugiava nei boschi, stando bene attento a non incrociare nessuno, e aspettava che la maledizione facesse il suo corso. Da adolescente, alla fine, aveva parlato coi suoi genitori e fratelli: sebbene parte della famiglia, compresi i miei bisnonni, avesse capito che non costituiva un pericolo, alla fine lui se n’era andato comunque per non dare fastidio a nessuno, soprattutto a mia nonna, che era la più diffidente nei suoi confronti. Così si era dato alla macchia: per anni nessuno aveva più avuto sue notizie, finché un giorno non era tornato in val Camonica, costruendo la sua casetta tra le frasche e isolandosi da tutti, salvo le poche persone che passavano a trovarlo e a cui raccontava le sue imprese in giro per i monti e le foreste dell’Europa. Di tanto in tanto spariva ancora, ma molto meno di frequente.
Insomma, era un personaggio certamente particolare ed io ero sempre stato molto curioso su di lui. Sognavo di vivere avventure come le sue, cosa che poi mia madre non mi avrebbe fatto mancare (e da cui poi ho preferito allontanarmi). Dopo aver ricevuto in dono il suo laccio per i capelli, però, le cose cominciarono a cambiare. Le nostre visite si fecero sempre più rade e brevi e sembravano quasi più di cortesia che altro. Sentivo che anche mia mamma aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti: ne parlava poco e malvolentieri, di tanto in tanto uscendosene con delle frasi tipo “Me la sono andata a cercare” oppure “Ma vatti a fidare di uno come lui”. Non aveva mai voluto spiegare che cosa intendesse, comunque. L’ultima volta che l’avevo visto era stato per dargli un ultimo saluto al suo funerale, diversi anni fa. Si era fatto seppellire nei suoi boschi senza nemmeno una bara: voleva che gli animali si cibassero di lui, come lui si era cibato di loro in tutti quegli anni.
Abbastanza schifoso, sì.
- E quindi?! – mi abbaia lo zio Gianni col suo vocione da basso.
Sospiro stancamente. Per carità, è bello rivederlo, ma mi ha beccato proprio in un momento sbagliato. E poi questo modo di fare malmostoso tipico delle valli non incoraggia alla conversazione.
- Bah, tutto bene zio. Adesso lavoro qui alla Splendente e… niente, mi piace – borbotto, un po’ imbarazzato. Lo zio è morto prima che io trovassi questo lavoro, ma d’altra parte lui non ha mai studiato magia. Al tempo non c’era l’obbligo.
- Intelligente come la tò mader, brao scet*** - uno scintillio sulla sua immagine lattiginosa e trasparente mi fa capire che gli è scesa una lacrimuccia. Fa sempre strano vedere come certi uomini grandi e grossi siano molto sensibili su alcuni argomenti. Si riprende dopo qualche secondo e comincia ad aggiornarsi sulla mia vita (con mio grande sollievo, non mi chiede se ho la fidanzatina o altro). Alla fine, forse complice la stanchezza, un po’ sono commosso anch’io.
- E le trasformazioni come vanno? – mi chiede lui ad un certo punto, aggrottando la fronte.
Lo guardo, un attimo in confusione. Faccio fatica a tenere gli occhi aperti.
- Di che parli? – chiedo, sbadigliando.
- Pota****, oramai l’incantesimo de la tò mader dovrebbe essere finito da qualche anno, no? Come l’hai gestita? Se sei entrato in quella scuola lì, vuol dire che ti sai controllare –
Lo zio sembra proprio aspettarsi una risposta che non gli so dare.
- Quale incantesimo? In che senso controllare? – replico mugugnando. Guardo fuori dalla finestra: ormai si è fatto buio. La luna splende, quasi piena, sulla scuola. Alcuni scintillii al di là del vetro mi fanno pensare che qualche anima abbia cominciato a palesarsi, oltre a quella dello zio Gianni. Faccio fatica a tenere la concentrazione: dovrei prendere il mio sonnifero e poi andare a dormire, ma prima vorrei salutare lo zio.
Mi volto verso di lui e mi rendo conto che sta succedendo una cosa strana: pur essendo pallido come uno spettro – scusate il gioco di parole – la sua faccia deformata dalla rabbia ha assunto un colorito rossiccio.
- MA COME QUALE INCANTESIMO?! MA NON T’HA DETTO NIENTE?? – comincia a tirar giù qualche porcone. – ADESSO LA CERCO E MI SENTE! –
E, senza nemmeno accennare a un saluto, sparisce.
Devo dire che mi è capitato di vedere lo zio Gianni incazzato parecchie volte: il suo essere mezzo lupo non l’ha mai aiutato molto nella gestione della rabbia. Però le sue parole cominciano un po’ a preoccuparmi. Mia madre mi ha lasciato all’oscuro di qualcosa? Non sarebbe la prima volta, ma non ho mai amato che lo facesse.
In ogni caso, adesso sono veramente troppo stanco per pensarci. Prendo un sonnifero e la Tachipirina che mi ha prescritto la dottoressa Angeloni e mi infilo sotto le coperte. Domani devo stare meglio.
*Per facilità di comprensione, e anche perché io il bresciano non lo so poi così bene, il prozio Gianni non parlerà in camuno stretto sempre. Immaginate però che lo faccia xD
**"Non è affatto vero, a quel buono a nulla del Saltafossi (nomignolo) quasi lo ammazzo”
***Intelligente come tua madre, bravo ragazzo
****Intercalare tipico di Bergamo e Brescia
Il prozio Gianni
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Ultima modifica di Nietzsche (Il 26-10-2021 a 17h42)