Kokoro Taira
CAMERA DI KOKO
- Tsk, quanta impazienza: siediti e ascolta con attenzione. - disse molto seriamente,tanto che mi sembró di sentire qualcosa crepitare nell'aria intorno a me e l'atmosfera mutare.
Mi sedetti sul letto, scegliendo di rimanere in assoluto silenzio, in attesa che iniziasse a raccontare.
- Nonostante il nome che i miei genitori hanno scelto per me, io non sono mai stata una figlia generosa*.
Mi ritengo, al contrario, una persona felicemente egoista.
Sono nata mutaforma come mio padre, ma tutto ciò che avrei voluto era essere una Normale come mia madre e il mio secondo fratello.
Essere una kitsune era estenuante e mi obbligava ad assumermi delle responsabilità che non desideravo e che sentivo di non dover sostenere; dovevo allenare corpo e mente per controllare la bestia dentro di me, mentire ad amici e conoscenti affinché non scoprissero cosa ero davvero e fare ogni genere di sacrificio fosse stato necessario.
...
Non era questa la vita che volevo.
Io volevo studiare ristorazione e lavorare nei più grandi ristoranti del mondo, viaggiare e vedere cose che potevo solo sognare, amare senza paura di perdere me stessa, ma tutto ciò mi era precluso perché ero una Kitsune. -
- Hai detto tutto questo ai nonni... Cioè, ai tuoi genitori? - chiedo, sinceramente dispiaciuta per lei: non tutti riescono a sopportare il fardello di questo potere.
- Tsk, non potevo: non volevo né riuscivo a deludere le loro aspettative.
Così continuavo ad allenarmi, ancora e ancora e dentro di me sentivo qualcosa cambiare, sentimenti negativi farsi largo ed espandersi in cuore e mente; fu allora che pensai di stare trasformandomi in un nogitsune...-
Al solo sentirire queste parole, sento un brivido freddo percorrermi la schiena e non posso trattenermi dallo scuotere la testa.
- Vedo che sai di cosa parlo - dice, facendomi un sorriso che non ha nulla di allegro.
- Come potrei non saperlo? Sono la nostra esatta controparte: non posso non conoscere quello che potrei diventare. - le rispondo con serietà.
- Forse, allora, riuscirai a capire le scelte che ho fatto.
Avevo da poco compiuto sedici anni e per me era arrivato il momento di affrontare l'Aokigahara.
Immagino tu sappia di che prova si tratta. -
La sua non è una domanda, ma rispondo ugualmente:
- Sì, l'ho affrontata questa estate e non dimenticherò mai le sensazioni provate in quella foresta. -
- Oh, quindi li hai visti? - chiede con curiosità, apparentemente dimenticandosi che stava raccontandomi la sua storia.
- Ho visto gli spiriti dei nostri antenati, sì. - rispondo, non riuscendo ben capire quale sarà la conclusione di questa digressione.
- Allora, la terza coda è già apparsa? - mi chiede con, se è possibile, un luccichio negli occhi.
Ringhio, in segno di avvertimento.
- Non è una domanda lecita, lo sai e io non risponderò - affermo con risolutezza e, a differenza di quanto mi aspettassi, mi sorride per la prima volta.
- Bene, perché ho una storia da finire e non mi va di perdere altro tempo.
Ehm, dunque: sai che chiamano l'Aoikigahara 'foresta dei suicidi'? Un modo come un altro per dare una spiegazione ai giovani corpi che vengono trovati al suo interno. -
- Alcuni di noi non ce la fanno, putroppo. - mi dolgo, rispondendo in qualche modo alla sua domanda.
- Esattamente ed il mio piano era proprio questo: fingere di aver perso la vita durante la prova e fuggire lontano da quella vita che non volevo. Solo una volta diventata una chef di fama mondiale, sarei tornata indietro dalla mia famiglia e l'avrei affrontata con orgoglio.
Ora mi rendo conto di essere stata una sciocca ed un'ingenua, ma a quel tempo mi sembrò il piano perfetto.
In realtà, non lo sapevo ancora, ma stavo correndo felice incontro alla mia morte.
Arrivata nella città di XX, ho subito cercato lavoro, ma nessuno era disposto ad assumere una minorenne; così mi sono ritrovata a mendicare per poter sopravvivere -
- Perché non tornasti indietro? - chiedo con un filo di voce, mentre una lacrima sfugge al mio controllo al pensiero del dolore patito e dei momenti con lei che non potrò mai vivere.
- No, avevo rifiutato quella vita e non sarei mai potuta tornare fino a che non avessi realizzato il mio sogno.
Fu così che, preda della fame, mi rifugiai nel tempio dedicato alla dea Inari*; qui, nella mia forma di kitsune... -
Non posso trattenermi dal sussultare ed iniziare a tremare leggermente.
- Perché tremi, nipote? - domanda, quasi gentile, interrompendo il suo racconto.
- Noi non assumiamo quella forma, non finché il nostro manto non diviene bianco o dorato.
Ho sentito storie... Sono quelle a farmi tremare. - rispondo, incrociando il suo sguardo pallido.
- E fai bene, a tremare: non fosse stato per aver salva la vita, non avrei mai corso il rischio di assumere quella forma.
Ma, sai, avevo bisogno che i monaci mi credessero un messagero della dea... e il piano andò a buon fine: mi diedero da mangiare una spropositata quantità di natto fritto*.
La fame mi stava divorando dall'interno, così, alla vista del natto, non resistetti e presi a mangiare con foga; mi strozzai e, non riuscendo ad espellere il cibo in forna animale, provai a trasformarmi in umana... Morì prima di riuscirci del tutto.
I monaci mi trovarono e decisero di seppellirmi nel giardino del tempio e di costruirvi un piccolo altare votivo, dove vengono a pregare ogni giorno.
Tu, nipote mia, devi dire ai miei genitori dove si trova il mio corpo: vorrei tanto rivederli. -
- Perché non sei andata da loro, allora? Perché venire da me? - chiedo, mettendomi in piedi per affrontarla alla stessa altezza, arrabbiata e provata per quanto sta succedendo.
- Tks, mi hai ascoltata?
Come potrei ripresentarmi da loro? E poi, volevo conoscere la figlia della mia amatissima sorella - mi dice, mentre già inizia a scomparire.
- Eh, no! Un momento! Come ti aspetti che io dia loro una notizia simile? - provo a trattenerla.
- Ce la farai, perché prima ho mentito. -
- A cosa diamine ti stai riferendo? - ormai sto urlando contro il fantasma che, invece, mi sorride.
- L'aspetto esteriore è quello di tuo padre, ma lo spirito è quello di mia sorella: tu ce la farai.
Dì loro che li amo, nipote mia... Conoscerti mi ha reso molto felice. -
- Aspetta, zia! Non te ne p... -
Ma prima che finisca la frase è già sparita.
* Inari dea del riso e della prosperità
* le Kitsune sono viste come messaggere della dea
* si pensa che il natto fritto sia il cibo preferito dalle kitsune
* le Kitsune si dividono in due grandi gruppi: zenko (volpi buone) e yako o nogitsune (volpi cattive).
Inoltre, in alcune tradizioni, le Kistune sono divise in tredici classi in base al loro potere sovrannaturale.
Ultima modifica di Clio79 (Il 27-10-2021 a 01h43)